La rivolta delle cuoche contro Google nella guerra del web

L'unione europea ha avviato un indagine al fine di verificare eventuali irregolarità riferite all'algoritmo di Google, per quanto riguarda l'ordine dei risultati proposti nelle ricerche degli utenti. Nel documento, si parla di pratiche scorrette di selezione, che mirano ad escludere e declassare siti che contengono contenuti commerciali, ad esempio da affiliazioni esterne.

In Germania un tribunale si è già espresso in passato contro a una causa simile, e Google non ha dubbi: in un comunicato afferma che nulla di ciò che viene sostenuto abbia qualche validità e che, al contrario, il suo algoritmo è il miglior mezzo per proteggere gli utenti da spam e contenuti malevoli.

La posizione di Google, in Italia, e in occidente in generale, è più che mai dominante. La maggior parte di smartphone funzionano con il sistema operativo Android, che è di proprietà di Google, come molte delle app preimpostate che fanno funzionare il telefono. Oltre a questo, bisogna tenere presente che il 98% delle persone utilizza Google per fare le sue ricerche online, quindi i risultati che propone, che il suo algoritmo sceglie di proporre, diventano i più diffusi e utilizzati.

Tanto per capirci: se alla domanda "Cosa fare per far passare la febbre", Google proponesse nei risultati solo siti che suggeriscono di pregare qualche divinità, ci ritroveremmo con morti per febbre alta e tanti devoti al dio indicato. Oppure: se cerco un prodotto, e mi propone sempre e solo quello di quella marca, molto probabilmente comprerò quello.

In questi anni, con un mio sito in particolare, sono passato da un giorno all'altro dai primi 5 risultati a ventesima pagina. Da un giorno all'altro. Perché l'algoritmo di Google così aveva deciso. Nel mio caso si è trattato di passare da due mila visite al giorno a 10. In altri casi anche da 1 milione a poche decine.

Nell'ultimo anno, con l'avvento di AI Overview, molti siti hanno subito un ulteriore calo di visite. Quando cerchi su Google, solitamente la sua intelligenza artificiale ti propone un riassunto per lei credibile di quello che ha imparato su internet. In molti casi questo basta agli utenti per trovare la risposta che cercano, e non hanno più bisogno di visitare i siti che compaiono nei risultati.

Questo, unito ai cali dati dagli aggiornamenti di Google, sta portando al fallimento di migliaia di siti internet. Gli aggiornamenti di Google mirano a scremare i risultati, cercando di escludere quelli creati appositamente per raggiungere posizioni più alte, seguendo trucchi o buone pratiche suggerite tra l'altro da Google stesso. Ma il suo fine è supremo: fornire agli utenti i risultati migliori.

Fa piacere che oggi l'unione europea si accorga di questo, sollecitata da associazioni di settore, ma dispiace che, almeno per quanto posso personalmente dedurre dai documenti presenti, si focalizzi principalmente sul "problema" dei contenuti commerciali. Sembra infatti che l'indagine riguardi presunte esclusioni dai risultati di ricerca in seguito alla presenza di contenuti commerciali sponsorizzati sulla pagina.

Questo avrebbe senso nel caso in cui Google volesse abbattere la concorrenza. Ma quale concorrenza ha Google? Partendo dal presupposto che più della metà dei siti internet monetizzati lo fanno attraverso Adsense, di Google, che pubblica gli annunci della sua rete pubblicitaria ADS, tramite cui vengono fatte la maggior parte di sponsorizzazioni su internet.

Può sembrare complicato da capire, ma in parole povere, Google ci guadagna. Sempre. A prescindere. Perché ormai, per come è strutturato, per la maggior parte di persone Google è lui stesso internet. Ti mostra cosa vedere, registra le tue abitudini per migliorarti l'esperienza online, puo' gestire i tuoi pagamenti, i tuoi spostamenti, le tue prenotazioni. La tua Tv probabilmente funziona con il suo sistema Android, come molte auto "smart".

Quindi non escludo che Google possa escludere siti dai risultati di ricerca, ad esempio perché utilizzano una rete pubblicitaria diversa dalla sua. Ma so anche che molti di questi siti utilizzano reti pubblicitarie che li spingono a riempire i siti di annunci, rendendo in molti casi difficile la navigazione. Semplicemente perché quasi sempre pagano molto meno di Google. Che tra l'altro, è diffuso perché offre servizi a cui ormai molti si sono abituati, quasi assuefatti. Anche proteggendo gli utenti per molti aspetti.

Non si deve pensare io sostenga in qualche modo questo sistema, di cui però faccio parte, ma da cui cerco di distinguermi per eticità. Lo sottolineo non tanto perchè mi piace far vanto delle mie doti, ma perchè in questi anni questa eticità è stata messa in dubbio da Google stesso, accusandomi di pratiche scorrette per la messa in pratica delle sue "best-practice" fini a ottimizzare i contenuti in primo luogo per gli utenti.

Link tossici al sito, furto di immagini, screditamento della presenza web e della credibilità, e varie altre pratiche di hacking hanno attaccato, e continuano ad attaccare, me e i miei progetti, senza la possibilità di avere una pratica consolidata da adottare per affrontare questo tipo di situazione. Anzi. Le istituzioni si perdono in specchietti per le allodole e valutazioni non pienamente consapevoli del contesto.

Vedremo come proseguiranno le indagini degli euro-parlamentari, impegni permettendo dopo aver controllato Google Calendar. Percorrendo strade grazie a Google Maps. Traducendo testi grazie a Google Translate. Accedendo ai servizi online grazie al gestore delle password di Google, magari con un account Google (così è più veloce). Guardando un video su YouTube (di Google). Prima però, rispondo a un email su Gmail.

Potrei continuare questo elenco diabolico di modi con cui Google diventa parte della tua vita, ma non voglio spaventarti oltre. Speriamo solo non guardino il dito al posto delle luna che indica. Infine specifico solo, per non attirarmi l'antipatia di nessuno, che il titolo provocatorio si riferisce alla vasta presenza di siti di ricette, tra i più colpiti da questi cali di visite.

Direi, per concludere, una frase tipo "Che il Dio di internet ci aiuti!", purtroppo però attualmente è Google.

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